Di fronte alle PR e alle Media Relations tutte le aziende sono uguali?

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Di fronte alle PR e alle media relations tutte le aziende sono uguali? La risposta è assolutamente no

Cerchiamo di capire insieme il motivo, ma vediamo anche perché vi stiamo parlando di questa tematica. 

A volte, in agenzia, ci capita di ricevere delle richieste di preventivo per l’attività di digital PR, da parte di aziende, di imprenditori o di marketing manager che ci contattano dicendo: “Abbiamo visto molti dei casi studio che voi pubblicate, dove mostrate come avete fatto ottenere grandi pubblicazioni su quotidiani e magazine nazionali, radio, tv ai vostri clienti. Potete farlo anche per la nostra azienda, facendoci ottenere pubblicazioni della medesima caratura nel giro di poco tempo?”

Quando arriva questa tipologia di richiesta, la prima cosa da fare è capire e analizzare il progetto che si ha davanti. Capire se ha delle potenzialità dal punto di vista mediatico e analizzare tutte quelle dinamiche che ci permettono di comprendere se effettivamente con un’attività di PR sia possibile raggiungere determinati risultati in un arco di tempo più o meno breve. Se la risposta è no, cioè se il progetto non ha una forte componente mediatica, quindi non è appetibile per i giornalisti, è bene dirlo subito al potenziale cliente (specificando se ci sono comunque i margini per poter lavorare, oppure se è meglio non iniziare a imbastire un’azione di PR). 

Detto questo – che rappresenta una premessa necessaria – è essenziale comprendere che ci sono aziende, progetti, eventi e che hanno “in pancia” una forte potenzialità mediatica. Progetti notiziabili, progetti che attirano i riflettori della stampa. 

Progetti che possono da subito suscitare un certo interesse nei giornalisti, perché magari sono legati a un impatto sociale, a un impatto ambientale oppure hanno un forte e importante impatto economico. Con realtà come queste, con una forte componente “mediatica,” si può portare avanti una comunicazione anche esclusivamente autoreferenziale, all’inizio, quindi raccontare semplicemente il progetto, raccontare com’è nato, magari con delle piccole variazioni a livello di comunicati stampa, però mantenendo il focus sul prodotto/servizio.

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E sicuramente, in questa situazione, con questa configurazione iniziale, i risultati dal punto di vista delle pubblicazioni, delle interviste, degli articoli ottenuti saranno più immediati e più evidenti.

Esistono altre aziende, però, che non possiedono caratteristiche di notiziabilità elevata, e per le quali è vitale costruire una strategia molto complessa a livello di relazioni con i media. Una strategia che richiede anche tempistiche maggiori. 

In questo caso specifico, uno dei primi step da mettere in atto, è scomporre il progetto e vederlo da più angolazioni differenti. Considerare il progetto come se fosse una persona, con più volti, e cercare di trovare all’interno di quei volti la notizia principale, dandole una forma.

Dare una forma alla notizia non significa inventarla, ma significa costruire quella notizia, dandole un abito adatto per presentarsi di fronte alla stampa. 

In particolare, scomporre il progetto si traduce, dal punto di vista pratico, nella costruzione di più comunicati stampa.  Ad esempio, si potrebbe creare un comunicato con un focus sull’imprenditore e sulla sua storia. [Attenzione: per fare questo, la storia deve contenere degli elementi curiosi e mediaticamente interessanti].

Potrebbe essere scritto poi un secondo comunicato legato a ciò che propone l’azienda, ai suoi servizi e prodotti. 

Le prime testate giornalistiche da raggiungere con questo contenuto possono essere quelle di nicchia, per iniziare a costruire un primo strato di pubblicazioni autorevoli, senza puntare subito ai colossi dell’informazione. 

Un altro comunicato, infine, potrebbe avere un taglio non autoreferenziale e quindi basato su dati, numeri, informazioni (prendendo, quindi, le distanze dal racconto dell’azienda). Così facendo ci metteremo nella condizione di dare un contenuto informativo al giornalista. 

Questa strategia – scomporre un progetto e creare più contenuti – non è valida solamente per quelle aziende che non hanno un grande impatto mediatico, ma è valida anche per le imprese e i progetti con una forte notiziabilità, che hanno la necessità di costruire un’attività di PR e media relations sul lungo periodo.

Tornando alla domanda iniziale, quindi, è fondamentale sottolineare l’esistenza di aziende e progetti con delle caratteristiche più vicine ai media (quotidiani, radio, tv, magazine, sia online che offline), mentre altre imprese che non hanno degli elementi notiziabili immediatamente visibili. La complessità nella costruzione di una strategia di digital PR è molto elevata per il secondo caso, ma non si tratta di un’attività impossibile. Probabilmente i tempi saranno più dilatati, ma fa parte di un disegno preciso. 

Se vedete, quindi, aziende che nel giro di pochi giorni ottengono la totale attenzione dei media, probabilmente è perché sono progetti molto notiziabili. Dovranno poi dimostrare di sapere tenere acceso l’interesse (e in quel caso potrebbe non bastare la notiziabilità). Questo, infatti, è ciò che è in grado di fare un professionista delle digital PR e delle media relations: riuscire a far ottenere con costanza – sul lungo periodo – pubblicazioni, su canali rilevanti. 

Non solo: e riuscire, nel caso di aziende più complesse da comunicare, a estrapolare le notizie e a dare loro una forma corretta, per conquistare l’attenzione dei giornalisti.


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Redazione

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