Quando si lavora in comunicazione – qui in Disclosers in particolare – la varietà settoriale è spesso una delle componenti più comuni.
Ogni giorno, ad esempio, ci interfacciamo con aziende provenienti da diversi settori: tech, travel, food, fintech, beauty, design e molti altri. Ogni settore, chiaramente, ha linguaggi, tempi, metriche e interlocutori diversi ed essere un/una professionista delle PR, oggi, significa essere in grado di parlare “più lingue”, saper mettere in contatto mondi differenti (a volte distanti) e sviluppare una capacità di lettura che non sia superficiale, ma che sappia abbracciare la giusta profondità dei verticali con cui si lavora.
Come si fa, allora, a mantenere un livello di profondità in contesti così eterogenei? La risposta passa per la trasversalità, non intesa come sinonimo di superficialità, ma come capacità di trovare connessioni tra realtà appartenenti a contesti anche lontani e integrare sguardi differenti.
La sfida dei team multidisciplinari
La maggior parte dei team comunicazione e PR oggi è ibrida per definizione. Non si lavora più a compartimenti stagni: le risorse ruotano tra progetti, si analizzano brief diversi, si collabora tra colleghi con background diversi. È una configurazione che offre molte opportunità, ma richiede un certo metodo.
Senza un approccio condiviso, si rischia infatti di:
- rimanere in superficie, trattando ogni ambito con logiche “da manuale”
- perdere tempo nella curva di apprendimento ogni volta che si cambia settore
- creare contenuti poco pertinenti, che non parlano davvero il linguaggio di chi opera in quel mondo.
Al contrario, quando si investe nella trasversalità come pratica organizzativa, accade qualcosa di interessante: il team sviluppa una competenza verticale condivisa, costruita giorno dopo giorno sul campo.
La quotidianità in Disclosers
Costruire un team trasversale non significa semplicemente lavorare su più settori: significa mettere in campo una mentalità condivisa, capace di valorizzare ogni progetto come occasione di crescita e di apprendimento continuo (la vera chiave della crescita sana).
Come lo facciamo?
Ogni giovedì, ad esempio, dedichiamo uno spazio fisso alla formazione interna, un momento in cui tutto il team si ritrova per condividere best practice, strumenti, case study e spunti che arrivano dai progetti che segue ciascun team. È un’occasione preziosa per contaminarsi, raccogliere stimoli da ambiti diversi e trasformarli da idee ad azioni concrete, applicabili a settori anche lontani tra loro. Questo scambio costante ci permette di sviluppare uno sguardo più ampio e allo stesso tempo più “denso”.
Inoltre, ogni mattina ciascuna persona del team si occupa di leggere e monitorare i media relativi ai settori di competenza. Non è una semplice rassegna stampa, ma un esercizio quotidiano di osservazione e comprensione del contesto mediatico, dei trend e delle conversazioni rilevanti.
Trasversalità e verticalità all’interno di un team: una profondità più marcata
Un team trasversale che sviluppa verticalità è, di fatto, un team più solido e competitivo. Riesce a generare insight rilevanti con maggiore rapidità, anche su progetti appena avviati, perché ha allenato la capacità di osservare e interpretare pattern ricorrenti in contesti diversi. È anche più credibile agli occhi dei clienti, proprio perché conosce le logiche specifiche dei settori con cui lavora e sa riconoscere le sfide reali di ciascun mercato.
Questo tipo di squadra è più autonoma, più fluida nel dialogo con giornalisti, stakeholder e referenti interni, perché abituata a muoversi in ambienti eterogenei con una certa consapevolezza. Infine, è un team che abbraccia l’innovazione: la contaminazione tra ambiti genera approcci nuovi, idee non scontate e soluzioni che non derivano da automatismi, ma da una riflessione trasversale che dà forma a formule spesso inedite, ma altamente efficaci.
Case study
Un esempio concreto di come la trasversalità possa diventare un punto di forza operativo è arrivato quando ci siamo occupati delle attività di ufficio stampa per l’inaugurazione di un nuovo ristorante appartenente a una delle catene di ristorazione più celebri al mondo. Fin dall’inizio abbiamo costruito un team multidisciplinare, consapevoli che la comunicazione avrebbe dovuto presidiare angoli mediatici molto diversi tra loro.
C’era un primo livello di comunicazione corporate da curare con attenzione: raccontare l’espansione strategica del brand e l’impatto economico della nuova apertura sul territorio, attraverso media di settore e testate economiche, aspetto guidato dalla PR Director Daniela Monteverdi.
Parallelamente, era necessario presidiare una dimensione locale ed esperienziale. Il ristorante, infatti, avrebbe ospitato una serie di eventi aperti al pubblico milanese, un aspetto che abbiamo affidato alla visione e all’esperienza di Isabella Castelli e Chiara Urzino, capaci di intercettare le agende culturali e lifestyle della città.
Un ulteriore filone riguardava le novità introdotte nel menù: un contenuto apparentemente semplice, ma che richiedeva conoscenza verticale del settore food & beverage. In questo ambito il contributo di Chiara Guerra è stato decisivo, non solo per la gestione dei media gastronomici, ma anche per l’attivazione di testate legate al mondo travel. Il ristorante, infatti, è stato posizionato anche come meta di riferimento per i turisti in visita a Milano.
Quello che poteva sembrare un progetto lineare – la promozione di una nuova apertura – si è rivelato in realtà un lavoro corale, in cui competenze diverse hanno lavorato in sinergia per costruire una narrazione ricca, coerente e mirata su più fronti.
Non serve “sapere tutto”. Serve sapere dove guardare.
Il punto non è essere “esperti di tutto”, ma sviluppare l’attitudine a entrare in ogni settore con occhi attenti, con la capacità di leggere, tradurre e declinare concetti e visioni in messaggi adatti al target, con la propensione a ricercare connessioni con altri segmenti (per amplificare la comunicazione, senza però perdere il focus).
Aggiungiamo anche la voglia di studiare, approfondire, fare domande, osservare con attenzione e restituire un risultato di spessore. È questo approccio che permette di affrontare ogni progetto con consapevolezza e lucidità, trasformando la trasversalità in un vero e proprio metodo di lavoro.Come affermava Italo Calvino nelle Lezioni americane, “leggero non è superficiale”. Allo stesso modo, nella comunicazione, trasversale non significa generico, ma piuttosto è sinonimo di flessibilità nel muoversi tra ambiti diversi con agilità, mantenendo però uno sguardo profondo e strutturato, cogliendo connessioni e dando spessore a ogni racconto, senza appesantirlo.