Eventi, innovazione e startup: strategie di PR e consigli. La parola a Daniela Monteverdi, PR Director

daniela monteverdi

Con una carriera lunga e consolidata nel settore degli eventi e dell’innovazione, Daniela Monteverdi, PR Director in Disclosers, ha vissuto in prima persona l’evoluzione che la comunicazione e le PR hanno avuto in questo segmento.

In questa intervista abbiamo messo a confronto le strategie del passato e quelle attuali, evidenziando le sfide e le opportunità nel mondo delle startup e degli eventi, cercando di capire i segreti per una strategia di PR efficace.

  • Hai una lunghissima carriera alle spalle soprattutto nel mondo degli eventi e dell’innovazione. Facendo un paragone tra l’approccio alla comunicazione del passato e quello attuale, quali sono le maggiori differenze che noti?

Ho lavorato nel mondo degli eventi legati ai temi dell’innovazione e delle startup per quasi 15 anni. Ricordo ancora, nei primi anni del mio percorso professionale, in cui ho lavorato per uno dei più importanti eventi in Italia su questi temi, il fermento da parte delle aziende che per mesi si preparavano a tale avvenimento per lanciare sul mercato i loro prodotti e le ultime novità in ambito digital. Oggi è tutto più fluido, gli eventi si sono moltiplicati e sono diventati un’occasione importante soprattutto per fare networking e consolidare le relazioni con i propri clienti. Di conseguenza anche l’attività di ufficio stampa è cambiata e la sfida per noi PR è quella di andare in profondità e trovare la notizia soprattutto negli interventi degli speaker, nelle proposte innovative delle startup che spesso calcano i palcoscenici di questi eventi e farle emergere nella molteplicità di contenuti che vengono condivisi in queste situazioni. 

  • Ci sono degli elementi imprescindibili per una strategia di PR veramente efficace?

Sono convinta che per essere efficaci nella propria comunicazione rivolta ai media e, di conseguenza ai loro lettori, si debba diversificare il messaggio sia come tipologia di contenuto, ma anche come linguaggio, in base al target di testate a cui ci si vuole rivolgere. Un’azienda che vuole avere una presenza costante sui media, ad esempio, non può pensare di parlare sempre e soltanto di sé stessa, ma deve ampliare il proprio sguardo, parlando dei progetti con i propri clienti, raccontando le storie delle persone che la compongono, interpellando la propria community di riferimento con delle survey che possono dare una fotografia autentica del mercato in cui si sta operando. Quello che si racconta deve in qualche modo ispirare, accendere la curiosità, creare immedesimazione, spingere i lettori a voler approfondire ciò che stiamo proponendo. E questo vale, con linguaggi diversi, sia per il b2b che per il b2c.

  • Stando alla tua esperienza nel settore dell’innovazione e delle start-up, su cosa si deve focalizzare una giovane realtà per generare awareness intorno al proprio business? Quali sono invece gli errori da evitare?

La prima cosa su cui deve puntare una startup è la propria unicità, quell’elemento che la rende differente rispetto al mercato e ai suoi competitor. Poter lavorare, a livello di comunicazione, su alcuni tratti distintivi ben definiti e chiari è sicuramente una marcia in più per la startup. Inoltre a me piace molto presentare le startup individuando, attraverso pochi ma chiari dati di contesto, il problema che risolvono, il gap di mercato che riescono a colmare. Quanto più una startup è in grado di risolvere un problema comune a diverse persone tanto più la startup  potrà  avere un impatto comunicativo importante. Questo vale sia per chi ha un modello di business più “generalista” sia per chi si rivolge alle nicchie di mercato. Se una startup si è focalizzata su una nicchia di mercato e il suo prodotto o servizio è innovativo per quello specifico target potrà avere ugualmente una buona attenzione mediatica. 

Al contrario, ritengo poco proficuo presentarsi all’esterno dichiarando di coprire a 360 gradi diverse linee di business, non avere delle specificità, ma avendo la pretesa di essere leader o esperti su più fronti. Altro errore da non commettere, soprattutto se si è una startup è quello di non dare prove tangibili della propria crescita e della propria affermazione sul mercato: i giornalisti devono avere gli strumenti per poter capire quanto una startup è promettente e, in questa fase, poter dare qualche dato o fare i nomi dei clienti con cui si collabora o degli investitori che hanno creduto nel progetto, facilita molto la comunicazione. 

  • Secondo la tua esperienza, cosa colpisce maggiormente un giornalista in un comunicato stampa?

Il fatto di “centrare il punto” sin da subito, senza giri di parole, senza fronzoli, in modo chiaro, semplice e scorrevole, evitando l’uso di tecnicismi o di un linguaggio che spesso viene preso in prestito dal mondo del marketing.

A volte nel comunicato serve dare un breve contesto per raccontare la propria startup, ma il contesto che andiamo a presentare deve essere semplicemente funzionale per inquadrare meglio la problematica che il prodotto o il servizio risolve, il gap che colma e l’utilità che ha ciò che stiamo raccontando. Dopo aver ricreato un breve contesto, il passo successivo, sempre apprezzato, è il dare risposta alle principali domande che servono a inquadrare la notizia: chi, cosa, dove, quando, perché e come. Ecco questo per me è centrare il punto, forse è un po’ vecchia scuola, ma sempre efficace. 

  • Ci sono delle qualità “soft” che devono essere allenate per riuscire a costruire legami duraturi con i giornalisti?

Indubbiamente l’empatia, la capacità di mettersi nei loro panni, di conoscere ciò di cui scrivono, come lo scrivono e di ciò di cui hanno bisogno e, di conseguenza, ciò che proprio non interessa, per evitare di far perdere loro tempo prezioso.

Altra dote è la pazienza, perché è possibile che un giorno il giornalista non abbia del tempo da dedicarci o sia particolarmente di fretta, ma chi fa questo lavoro sa che fa parte del mestiere e che magari, il giorno successivo andrà meglio. Per cui mai demordere al primo tentativo!

A questo collego anche la perseveranza, che non deve trasformarsi in insistenza, ma piuttosto nella capacità di trovare soluzioni e idee per fare in modo che con il nostro aiuto il giornalista trovi la notizia che stava cercando.

  • In Disclosers ricopri il ruolo di PR Director: quali sono gli aspetti più sfidanti e quelli più stimolanti  del tuo lavoro?

Uno degli aspetti più complessi di chi ricopre una posizione come la mia è riferita al fatto che spesso ci si aspetta che le persone con cui si lavora facciano le cose esattamente come le faresti tu, che in una determinata situazione si comportino come ti saresti comportata tu. Ma non è così. Pian piano sto raggiungendo la consapevolezza che la diversità è ricchezza e che è necessario aprirsi ad altri punti di vista ed esplorare strade nuove.

Ora so che il mio compito deve essere quello di creare delle condizioni “protette” in cui dar spazio alle idee altrui, ai punti di vista diversi e alla competenze complementari di tutte le persone che fanno parte della nostra meravigliosa squadra.

Redazione

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